La critica
"Nella seconda metà del nostro secolo Munari ha un'influenza pressoché analoga a quella di Marcel Duchamp. Come quest'ultimo, anche l'artista milanese ha esaltato l'importanza dell'oggetto trovato (basti pensare alle pietre dell'isola d'Elba o all'uso magistrale delle carte) e, non a caso, la sua influenza è rintracciabile in alcune forme dell'arte di oggi che non sono legate alla pittura e alla scultura tradizionali ma, semmai, all'installazione e all'uso dell'oggetto."
[Gillo Dorfles 1999]
"Lo ricordo in centinaia di riunioni. Lui arrivava e noi gli avevamo già preparato una pila di libri da copertinare: con un'inventiva fulminea riusciva a dare immediata rispondenza formale ai contenuti. Sceglieva i caratteri, i colori, le immagini. Aveva dei circuiti mentali rapidissimi che si coagulavano nelle mani. Le sue mani agivano, creavano come in un film accelerato; sembrava che pensasse con le mani e che il pensiero diventasse realizzazione in tempo reale. Munari ha inventato un'identità grafica che è rimasta nel tempo e che ha reso inconfondibili i nostri libri.
Ma Munari non era un artista solo nella grafica editoriale: gli oggetti fantastici che sapeva inventare sono diventati delle bellissime opere d'arte e alcuni suoi multipli sono fra le cose più preziose che conservo.
[Giulio Einaudi 1998]
"Si, caro Munari, sono gli spiriti come il tuo che fanno dell'arte la nostra res publica"
[Pierre Restany 1985]
"Certo i Negativi-Positivi che egli elabora dal 1950 sono tra i prodotti più rigorosi usciti dal movimento [il M.A.C.], come evidenzia la descrizione-commento scritta dall'autore nel 1951, che pubblichiamo tra i documenti [nel volume MAC 1948-1958, Electa, 1984]. Neppure essi, tuttavia, sono fisse icone. Vivono invece in una costitutiva dinamica percettiva tra figura e sfondo, che in molti esemplari attiva lo stesso spazio reale circostante attraverso la sagomatura dei supporti e quindi il coinvolgimento delle pareti. Sono quindi da accostare alle ricerche di immagini in trasformazione delle Macchine inutili (allora riprese in materie plastiche trasparenti), dei Concavi-Convessi (costruiti dal 1948 "con reti metalliche curvate e fissate in una data forma", che tuttavia "possono essere appesi al soffitto di una stanza e, avendo un piccolo proiettore a luce puntiforme da un lato, proiettare un'ombra continuamente mutevole sul muro, sul soffitto, dove si vuole, secondo la posizione del proiettore"), delle Proiezioni a luce polarizzata (dal 1952)".
[Luciano Caramel 1984]
"Munari discovered he could use a machine like a pencil for a new type of drawing. [...] Munari found that the slit scan shutter in the automated copiers like the Xerox 914 could produce a predictable kind of distortion when the original on the platen glass was moved during the printed cycle. He used the slit shutter distortions to provide the illusion of speed for images of motorcycles or racing cars."
[Marilyn McCray, in Electroworks, New York 1979]
"C'è un piccolo attico in via Vittoria Colonna a Milano, c'è un tavolo di lavoro ordinatissimo, c'è una collezione di piante in miniatura alla maniera giapponese. Si tratta della stazione trasmittente dalla quale Munari - egli stesso uomo miniatura - emette verso il mondo in quantità idee visuali di ogni tipo. Un lavoro dimostrativamente svolto in letizia, una attività ludica applicata alle cose minimali, un finto disimpegno per gli oggetti sostanziali, l'esile mania dell'effimero, il mestiere sapiente di un astuto giocoliere. Datemi quattro sassi e una carta velina e vi farò il mondo delle meraviglie. E' possibile tutto questo in un mondo, in una realtà fatta tutta di violenza? Munari dice di si, lavorando a tu per tu con il qui pro quo."
[Alessandro Mendini 1979]
"Vi par poco al giorno d'oggi insegnare ad essere semplici senza essere rozzi? Nel Rosseau di Munari tutti nascono integri, limpidi, intelligenti, non si sa come mai e con quanto penoso esercizio, a tanti succeda poi di crescere aggrovigliati, torvi, imbecilli. Con un po' d'ironia, a nostra volta, potremmo dire che il suo mondo ideale è un asilo-nido per adulti."
[Giulio Carlo Argan 1979]
"L'uomo di Munari è costretto ad avere mille occhi, sul naso, sulla nuca, sulle spalle, sul sedere. E si rivolta inquieto in un mondo che lo tempesta di stimoli che lo assalgono da tutte le parti. Attraverso la saggezza programmatica delle scienze esatte si scopre abitatore inquieto di un expanding universe. Non dico che sia una bella storia. E' la storia."
[Umberto Eco 1961]
"Se fosse un musicista, Bruno ci inviterebbe a un concerto di maree, di piogge, di sete fruscianti, di stelle cadenti, di bisbigli. E ci farebbe riudire voci che ci erano passate accanto mentre stavamo distratti..."
[Ernesto Nathan Rogers 1951]
"Trovare è la conseguenza di cercare. Si dice: chi cerca trova ma è vero solo per poco.
E' vero per coloro che quando cercano qualcosa di fuori ne hanno già una parte dentro di loro.
Questo trovare è un ricreare o, almeno, uno scoprire e un confessarsi.
Munari cerca e trova; i suoi strani mestieri si possono spiegare e identificare solo col suo nome.
Che cos'è Munari?
Noi abbiamo verbi in are; in ere; in ire; non abbiamo verbi in ari.
Munari è un'eccezione ed è un verbo attivo che ha solo l'infinito. Munari significa, per esempio, costruire macchine inutili che, in altri termini, sono oggetti assai più utili (ma soltanto allo spirito). I bambini capiscono cosa voglia dire Munari e perciò Bruno si rivolge sovente a loro. Pertanto, ognuno può restare poeta con l'aiuto di quest'uomo intelligente e buono.
Egli non vi insinua evasioni, ma anzi vi pone di fronte a concrete realtà che, senza la sua cortese inistenza per farvele notare, vi sfuggirebbero."
[Ernesto Nathan Rogers 1951]
"Questi libri Illeggibili sono i primi di un nuovo linguaggio che ha strette parentele con il cinema e la musica e, credo, potranno diventare un giorno un genere, così come oggi a fianco della scultura, le macchine inutili"
[Alberto Mondadori 1950]
"... ciascuna ha una sua speciale personalità; alcune hanno persino i loro estri bizzarri, un giorno sono vivaci e agitatissime, e il giorno dopo cadono in un incomprensibile letargo...
Una volta lasciate a se stesse, le macchine inutili si sottraggono al controllo umano acquistando una esistenza autonoma e lo stesso Munari che le ha create, candido negromante, non riesce più a signoreggiarle. Ancora al buio più nero esse continuano a girare.
Noi dormiamo e loro no. Ci svegliamo e sono ancora là che ruotano, accompagnando con dolcezza l'irreparabile fuga del tempo"
[Dino Buzzati 1948]
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"Erano gli anni 1928-29, andavamo in Brera alla sera, io facevo il corso serale all'accademia, vicino alla galleria Il Milione di Ghiringhelli, siamo stati allevati da quella galleria, abbiamo fatto un paio di mostre. Ci siamo incontrati, ci eravamo simpatici, e così ci siamo messi insieme, dovevamo cercare di stare al mondo e facevamo illustrazioni e pubblicità, lavoravamo molto, con allegria, in armonia perfetta, sempre con la musica, uno faceva una cosa, l'altro ne aggiungeva un'altra, avevamo questo studio molto grande, di via Carlo Ravizza 14, otto locali, erano delle cantine messe a bello, uno studio-sala di rappresentanza, con due quadri, uno mio e uno di Bruno, in mezzo all studio un cubo quadrato bianco con due scarpe da mendicante distrutte dall'aver camminato nel deserto, un salotto, il nostro studio, due locali per l'amministrazione, poi due camere da letto perché dorminvamo lì, Bruno era sempre molto in regola, sempre ordinato, in giacca e cravatta, era un angelo, sempre allegro, molto vivace e simpatico.
Abbiamo conosciuto Marinetti, un maestro, un uomo affascinante, generosissimo verso i giovani, era ricco ma si è mangiato tutto per fare il Futurismo, ci pagava viaggi, pranzi, ci dava lavori, lui andava sempre al Savini, c'era sempre anche Prampolini, noi giravamo lì intorno, lui ci chiamava dentro, verso le 23, andavamo lì come spugne, lui ci ha allevato caricandoci, ci diceva Tu, guai se domani quando ti svegli non inventi qualcosa...
Con Munari siamo stati insieme fino alla guerra, poi io sono partito, lui fortunatamente no, abbiamo fatto insieme le macchine inutili, le sue macchine avevano bisogno solo di un sospiro, le mie di un vento forte, poi abbiamo fatto le macchine tattili, poi, essendo amici di Ponti, di Figini e Pollini, facevamo molte cose per la Triennale, ma facevamo anche delle risse in Galleria, forse Munari non ne ha mai fatte, anzi lui ci guardava con distacco, non è mai stato polemico. Lui era più avanzato come artista, avendo questo suo interesse per il design, era più avanti, io ero un pittore più tradizionale. Ad un certo punto lui ha avuto questo innamoramento per i bambini, anzi lui aveva un animo da bambino. Con questa sua candidezza e ingenuità io lo paragonavo a Mirò."
[Riccardo Ricas 1999]
"Munari dal 1950 non dipinge più. Perché?
Non credo che ciò sia stato dovuto all'esigenza di affrontare la variazione e il movimento cui faceva ostacolo l'immobilità inevitabile del quadro, almeno non a quella esigenza soltanto, perché non si spiegano altri incontri ed altre appropriazioni di Munari artista, di materiali, di tecniche, di modalità e procedure operative e costruttive degli oggetti. Ha forse creduto, come tanti artisti hanno tante volte creduto, che i nuovi materiali e le nuove tecniche (nell'Ottocento: il ferro, il cemento aramato; oggi: tutte le materie sintetiche, i composti) comportassero un rinnovamento artistisco naturale? Forse, ma anche questo a mio avviso non basta a qualificare in modo soddisfacente le scelte di Munari.
Munari non fa oggetti qualsiasi, oggetti come oggetti, nemmeno quando sono libri illeggibili, che vogliono suscitare la capacità di emozione visiva del fanciullo secondo forme e non secondo ottica, nemmeno quando sono macchine inutili, che svegliano la coscienza del miracolo dello spazio, dell'atmosfera vivente, del potere della visione reviviscente il complesso di relazioni che è stato posto e si svolge. Munari fa oggetti utili, destinati alla vita degli uomini, alla soddisfazione di loro bisogni non solo pratici, ma morali, intellettuali ed estetici.
[...] Una volta Goethe scrisse che il poeta forma una fantasia esatta (proprio nel senso di scienza esatta), cioè un fenomeno la cui struttura organica viene ad essere deducibile secondo una legge di necessità pari a quella che sistema ed ordina gli eventi naturali: un fenomeno il quale non è senza l'ispirazione, che consiste nell'espressione, la cui legge è d'essere unicamente precisa e irripetibile. Piace assegnare la definizione di fantasia esatta, (tra tante che si mostrano più improprie, approssimative o pregiudiziali) a questo tipo di produzioni, che non temono né la scienza né la società, né la comunione col prossimo, né il regime di produzione economica, ma sorgono, procedono e si concludono in osmosi fervida con la natura e con gli uomini, senza perdere la funzione di guida e di scoperta del visibile, che è il segno veridico di ogni creazione artistica."
[Carlo Ludvico Ragghianti 1962]
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Bruno Munari, l'ipercritico
maquette anni '30, collage su carta
opera pubblicata su L'Ala d'Italia
maggio 1936
priv. coll.
La critica ermetica
L'arte di questo artista non è quindi una comune "arte" e nemmeno un'arte comunque; essa è Arte, anzi (arte) intesa come arte.
Munari, Artista e designer, Laterza, 1971
Bruno Munari collage 1982
coll. priv.
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