Fotogrammi
I fotogrammi, quali immagini fissate su carta fotografica senza l'aiuto di una camera fotografica, nascono tra il 1918 e il 1922 per opera di due artisti: il tedesco Christian Schad e l'americano Man Ray.
Qualche anno più tardi, nel 1925, Lazso Moholy-Nagy pubblica l'ottavo volume Pittura Fotografia Film della collana editoriale diretta dalla scuola della Bauhaus, contribuendo alla diffusione di questa tecnica fotografica. Di questo importante testo teorico ne viene curata nel 1927 una seconda versione ampliata e modificata, in cui l'attenzione maggiore è proprio verso la fotografia.
Lazslo Moholy-Nagy descrive otto tipi diversi di fotografia che qui elenchiamo sommariamente:
1. fotogramma, detta anche ripresa senza camera
2. reportage
3. istantanea
4. ripresa notturna
5. visione intensificata (macro, raggi infrarossi, filtri, ecc)
6. radiografie
7. fotomontaggi
8. effetti ottici, distorsioni
Christian Schad
fotogramma o schadografia 1918
collezione MoMa NY
Durante i primi decenni del novecento diversi pittori sperimentano la tecnica dei fotogrammi, ottenendo immagini senza camera. Tra questi Christian Schad, Man Ray, Moholy-Nagy, El Lissintskij, Rodcenko, e tra gli italiani i futuristi Tato, Bruno Munari, Franco Grignani e l'astrattista Luigi Veronesi.
Man Ray dimentica in camera oscura un foglio di carta sensibile nella bacinella dove lascia anche bicchieri e caraffe. Le ombre degli oggetti creano immagini da lui definite rayogrammi per evocare i raggi di luce ma allo stesso tempo, attraverso una deformazione del proprio nome, anche per ricordare se stesso quale inventore della tecnica.
Man Ray fotogramma 1923
collezione MoMa NY
L'interesse per la fotografia, ormai consolidato tra le avanguardie artistiche del primi decenni del secolo, culmina in Italia nel manifesto futurista della fotografia del 1930 in cui attraverso diversi punti si proclama che la macchina fotografica deve consentire il raggiungimento di effetti non realistici.
Marinetti organizzata nel 1930 a Roma la Mostra Sperimentale di Fotografia Futurista, nel 1931 a Torino la Mostra Sperimentale di Fotografia Futurista e poi di nuovo nel 1932-33 a Roma quella che viene chiamata la Prima Biennale Internazionale di Arte Fotografica.
L'ultima mostra dedicata alla fotografia futurista (probabilmente è anche quella più importante) si tiene a Roma nell'ottobre del 1933 nell'ambito della Prima Grande Mostra Nazionale Futurista.
In queste esposizioni viene ampliata la selezione degli artisti considerati futuristi che utilizzano infatti le tecniche più differenti: fotocollage, fotomontaggi, assemblaggi, fotogrammi. Queste mostre non includono molti artisti internazionali. Ad esempio Man Ray è assente mentre invece è presente Bruno Munari, benché la tecnica utilizzata sia identica.
László Moholy-Nagy fotogramma N.II 1925
Moholy Nagy definisce nel 1936 con queste parole i fotogrammi: Il fotogramma, cioè l'immagine luminosa ottenuta senza la macchina fotografica, è il segreto della fotografia. In esso si rivela la caratteristica unica del procedimento fotografico che permette di fissare immagini di luce ed ombra su una superficie sensibile senza l'aiuto di alcun apparecchio. Il fotogramma apre nuove prospettive su un linguaggio visivo ancora completamente sconosciuto e governato da leggi proprie.
Franco Grignani
fotogramma con rete a spirale 1929
Veronesi descrive in questo modo, sintetico e chiaro, il risultato della tecnica dei fotogrammi: L'immagine che si ottiene non è mai un documento, o la descrizione o la rappresentazione di un oggetto, ma la trasformazione dell'immagine di questo oggetto in un puro rapporto di luce ed ombra.
Luigi Veronesi fotogramma 1933
pubblicato sul Catalogo Lo spazio sensibile Editore Electa 2007
Bruno Munari, fotogramma 1933
J. Paul Getty Museum, Los Angeles
Vediamo infine la spiegazione didattica di questa tecnica fornita da Bruno Munari nell'articolo Che cosa sono i fotogrammi e come si fanno, tratto dalla rivista La Lettura, Aprile 1937 n.4.
Il fotogramma è un derivato, diciamo così, artistico della radiografia. Ha lo stesso nome quel rettangolino di pellicola cinematografica che passa alla velocità di 16 fotogrammi al minuto secondo davanti alla macchina da proiezione; ma non ha poi nulla in comune col primo. Questo non è altro che l’impressione sulla carta sensibile dell’ombra di determinati oggetti appositamente ricercati tra quelli più o meno trasparenti, in modo da creare una impronta personale che resterà fissata in modo negativo sulla carta.
fotogramma di Bruno Munari
due insetti su di un pezzo di mica
Il fotogramma è un nuovo mezzo artistico da porre accanto alla xilografia, alla puntasecca, al monotipo ecc. ma più vicino alla sensibilità moderna perché pieno di imprevisto.
Quando si fanno i fotogrammi, si vede il mondo per trasparenza: tutto quello che passa sottomano si guarda contro luce, una piuma, una foglia, un bicchiere, un altro bicchiere pieno d’acqua, fette di limone o di altri frutti, garza, fili. Esauriti questi oggetti, la cosa si complica: schiuma di sapone, insetti, frantumi di vetro, mica, giocattoli, sabbia, gocce d’acqua; e sempre più difficile: riflessi di specchi, impasti di diverse densità e materiale su lastre di vetro, lenti, spessori, doppie e triple luci, ecc.
fotogramma di Bruno Munari
insetto e fili d’erba
Per fare i fotogrammi occorre tutto il materiale inerente alla fotografia e cioè acidi, bacinelle, carta, ma nessun obiettivo o macchina fotografica. Si possono fare di sera al buio. Il procedimento è questo: siamo nella camera oscura (oppure in una camera qualsiasi, preferibilmente con pareti chiare); accendiamo la luce bianca e prepariamo su di una lastra di vetro quello che vogliamo fotogrammare.
fotogramma di Dilma Munari
[moglie di Bruno, ndr]
doppia ombra di giocattolo
Ecco: forbici, occhiali, cominciamo con degli oggetti riconoscibili, una spilla, un rocchetto di filo e due orecchini; disponiamo tutto in un certo ordine e poi spegniamo la luce bianca ed accendiamo quella rossa. Ora possiamo tirar fuori la carta sensibile che infiliamo sotto la lastra di vetro sulla quale sono gli oggetti. Pronti. Accendiamo per alcuni secondi la luce bianca: tac, uno, due, tac; ecco fatto. Tiriamo fuori la carta, la passiamo nello sviluppo e nel fissaggio e dopo un poco accendiamo la luce bianca, alla quale vedremo l’impronta degli oggetti come nella figura.
[Bruno Munari, 1937]
fotogramma di Bruno Munari
tipica ombra di un bicchiere, luce a 45 gradi
Sei fotogrammi di Bruno Munari del 1933, oggi in collezioni private, vengono pubblicati in un articolo dal titolo Munari, palombaro della fantasia a cura di Carlo Manzoni sulla rivista Natura nel 1934.
Riprendiamo interamente il testo critico ed alcuni dei fotogrammi pubblicati.
Bruno Munari suoni 1933
Addormentato dalle melodie sublimi delle sue musiche colorate, cullato dalle danze delle sue forme-realtà nell'astratto dei suoi panorami polimaterici, Munari sogna i suoi paesaggi costruiti di luce - nell'affascinante atmosfera carica di vibrazioni rossastre della camera oscura, in un mondo completamente suo e da lui inventato e costruito, egli immagina di essere proiettato con la velocità della luce nell'etere inesplorato - Munari ha addomesticato la luce e l'ha costretta alla sua volontà, ha insegnato all'atomo la sua estetica e l'ha plasmato nei panorami delle sue illusioni.
Bruno Munari umidità nell'aria 1933
coll. priv.
- lampi velocissimi coloratissimi nel suo universo unicolore infinito - tavolozza magica fatta di vibrazioni che distruggono e annientano la vita della materia assorbendone la forma per trasformarla in una successione melodica di lievissimi fili nel fantasma di un albero, nello scoppio abbagliante di un pianeta microcosmico - oppure in un concerto di magnifiche sfumature ritmate in uno sfondo di tenebre silenziose - o nella parte di un pianeta spento e in una foresta di alberi nudi - nel "paesaggio sulla collina" Munari ha portato il mio spirito con lui nell'etere della sua concezione nel paesaggio dei suoi oggetti cosmici nella linea-scarica elettrica della sua quarta dimensione a esplorare il suo mondo ancora nuovo ancora tanto inesplorato - ho visto la nascita dei suoi pianeti e mi sono ubriacato delle loro radiazioni melodiose
Bruno Munari
paesaggio sulla collina 1933
coll. priv.
mi sono tuffato nei vapori tiepidi delle sue nubi di sabbia - mi sono arrampicato sulle sommità dei suoi alberi oscillanti vivendo la vita magica e luminosa del suo fotogramma - in "costellazioni" Munari ha costruito un dramma di pallidissime stelle indefinite e confuse, di orbite irregolari scaturito da un rapidissimo lampo di luce: mistero di una vita in una piccolissima frazione di secondo - fuori nella tumultuosa vertiginosa e affascinante vita della civiltà meccanica si inventa e si costruisce per il maggior benessere della materia - nell'atmosfera delle sue sinfonie - nell'immensità del suo infinito FUTURISTA, nella realtà del suo astratto - MUNARI costruisce ed inventa per il maggior benessere dello spirito.
[Carlo Manzoni, 1934]
Bruno Munari
un pianeta tra gli alberi 1933
coll. priv.
pubblicato su Futurism and photography, Long Island University, 1984
In queste opere di Munari sono evidenti i richiami non solo alle astrazioni della Bauhaus ma anche al lirismo un po' surreale di Prampolini che certamente assieme ad Arp può essere considerato tra i suoi maggiori ispiratori.
Tuttavia in queste composizioni sono presenti, assieme a forme astratte e forme della natura, anche elementi della tecnologia che rimandano ad altri lavori che Munari, a partire dal 1959, in un diverso contesto storico ed artistico, chiamerà Fossili del 2000.
Il mondo di queste composizioni è quasi onirico, intimo ed i suoi paesaggi nati per il benessere dello spirito, si accordano in pieno con l'intenzione dell'estetica futurista di creare nuove immagini non realistiche per mezzo di una tecnica sperimentale nuova.
Lazslo Moholy-Nagy Ripresa senza camera
pubblicato sul volume Pittura Fotografia Film 1927
Bruno Munari fotogramma 1945
pubblicato sul catalogo
Bruno Munari opere 1930/1995
Galleria Fumagalli 1996
Questo fotogramma è stato accostato ad uno di Lazslo Moholy-Nagy per le evidenti similitudini compositive e poetiche.
Pensi [il lettore, ndr] che la fotografia ben riuscita vale un racconto e qualche volta anche una poesia. Che per le immagini non ci sono analfabeti, che la fotografia è un linguaggio universale che non ha bisogno di essere tradotto.
Questo è un fotogramma: ombre di oggetti sulla carta sensibile. Foto astratta per eccellenza.
[Bruno Munari, da Fotocronache, Domus, 1944]
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Fotomontaggi
Nel 1933 Munari lavora all'Almanacco Bompiani che illustra con diversi disegni. Per l'impaginazione adotta soluzioni innovative. Pubblica anche cinque fotomontaggi raggruppati sotto il titolo Amosfera 1933. Queste tavole fotografiche, proprio perché non hanno una esplicita finalità illustrativa, si possono considerare a tutti gli effetti realizzazioni d'arte.
Munari riporta alcune invenzioni linguistiche, proprie del percorso artistico, all'interno dell'ambito grafico, per lo più con lo scopo di documentare storicamente il proprio lavoro attraverso la pubblicazione.
Bruno Munari fotomontaggio 1933
Almanacco Bompiani
Il metodo di combinare elementi fotografici, stampe o immagini dalla stampa illustrata, disegni o pitture si afferma con vigore all'interno dei principali movimenti dell'avanguardia artistica di inizio secolo (cubismo, futurismo, dada). A Berlino artisti come Hannah Höch, John Heartfield e, simultaneamente, a Mosca artisti come Gustav Klucis, Varvara Stepanova, El Lissitzky incorporano elementi fotografici nelle loro composizioni grafiche o nelle loro opere d'arte.
Il termine fotomontaggio, derivato dagli ambienti di editing cinematografico, si diffonde velocemente allo scopo di descrive la nuova tecnica artistica.
Bruno Munari fotomontaggio 1933
Almanacco Bompiani
Con il fotomontaggio sono possibili composizioni con immagini provenienti da varie fonti, spesso con risultati umoristici. Al contrario di quanto avviene con le opere d'arte tradizionali queste realizzazioni vengono spesso riprodotte in grandi quantità, sia sulle riviste e sui giornali dell'epoca, sia in forma di manifesti.
Bruno Munari fotomontaggio 1933
Almanacco Bompiani
Verso la fine degli anni '20 e durante gli anni '30 altri artisti italiani, oltre a Bruno Munari, si dedicano alla tecnica del fotomontaggio. Tra questi ricordiamo Vinicio Paladini e Fortunato Depero.
Vinicio Paladini fotomontaggio 1928
movimento e spazio
Fortunato Depero collage 1930-31
attraversando l'Hudson sul ferry-boat
Giordano, il fratello di Bruno Munari è riconoscibile in un fotomontaggio del 1933
Almanacco Bompiani
Bruno Munari fotomontaggio 1933
Almanacco Bompiani
Bruno Munari fotomontaggio, 1935
Questa opera, assieme ad altri quattro fotomontaggi, viene pubblicata sulla rivista La lettura n. 11 del novembre 1936 nell'articolo B. Munari, Panorama della poesia italiana d'oggi - Cinque fotomontaggi
Munari anche in questo caso, come in altre occasioni, pubblica sulle riviste dell'epoca con la finalità di lasciare una testimonianza del proprio lavoro artistico.
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
niente, del resto, è assurdo per chi vola
moreover, nothing is absurd
for those who fly
Collezione Maria Fede Caproni, Roma
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
ci ponemmo dunque in cerca di una femmina d'areoplano
and thus we would set about seeking an aeroplane woman
Collezione Maria Fede Caproni, Roma
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
allora l'areoplano era di bambù e di tela, la plastica immagine della fragilità
at that time the aeroplane was made of bamboo and canvas
the plastic image of fragility
Collezione Maria Fede Caproni, Roma
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
la gioia poetica del volo
the poetic joy of flight
Collezione Maria Fede Caproni, Roma
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
l'odore di velivolo
the scent of an aeroplane
Courtesy Museo Caproni Trento
Bruno Munari fotomontaggio 1938
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
...hanno inventato anche questa, il mondo è impazzito...
...they have even invented this, the world has gone mad...
Merrill C. Berman Collection, New York
Bruno Munari fotomontaggio anni '30
il vecchio pilota in congedo
the elderly pilot on leave
Collezione Maria Fede Caproni, Roma
Bruno Munari fotomontaggio 1936
eccomi in breve
here I am briefly
Merrill C. Berman Collection, New York
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Collage
Bruno Munari illusionista degli spazi 1932
Bruno Munari collage 1933
Bruno Munari viaggio 1933
Courtesy Volker Feierabend
Bruno Munari bicicletta cubista 1940
Bruno Munari collage 1940
Bruno Munari collage 1948
fotocollage 1935
fotografia disegno e stampa cm 15 x 12
priv. coll.
tempera e collage
il mondo in una mano 1930 ca.
fotocollage donna con l'arco 1932 ca.
Courtesy Archivio Cirulli, NY
fotocollage pubblicato sulla rivista
Sipario n. 44 1949
il cinema psicanalitico
fotocollage pubblicato sulla rivista
Sipario n. 44 1949
il teatro dei registi
fotocollage pubblicato sulla rivista
Sipario n. 44 1949
il teatro con il cuore in mano
fotocollage pubblicato sulla rivista
Sipario n. 44 1949
il cinema dei gangster
Il giornalista Aldo Tanchis, nel libro scritto con la collaborazione di Munari in occasione della mostra antologica a Palazzo Reale a Milano nel 1986, ci ricorda che: Quando tornava in vacanza a Badia Polesine, Munari scattava foto ricordo a parenti e amici, 1935
Aldo Tanchis, Bruno Munari, Idea Books, 1986
Autoritratto, anni '30
Archivio Fotografico
Fondazione 3M Milano
Autoritratto, anni '30
Archivio Fotografico
Fondazione 3M Milano
Scrive Giovanni Lista in Il Futurismo nella fotografia, Fratelli Alinari, Firenze 2009:
"In tutt'altra direzione, Munari rinnova in modo critico e ironico il genere della messainscena storica, esotica o etnografica che risale a Giacomo Caneva e Wilhhelm Von Gloeden. Le sue foto-performance sono immagini stranianti e composizioni meta-linguistiche: sovverte le categorie archetipiche dell'immaginario e nello stesso tempo parla della fotografia attraverso la fotografia. [...] Disattendendo, per eccesso o estraneità, le rassicuranti attese dell'osservatore, Munari attribuisce alla fotografia il ruolo detonante e sovversivo di una clamorosa deviazione dalla norma figurativa."
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