Nel banner particolari di: Xeroritratto di Bruno Munari; Munari 1966, fotografie di Ada Ardessi, Biennale di Venezia courtesy ISISUF Milano; Munari 1950, fotografia di Federico Patellani; Munari con Macchina Inutile 1956, fotografia di Aldo Ballo
Bruno Munari nel 1946 espone a Parigi una nuova opera, una nuvola costruita con una rete metallica quadrata che l'autore chiama Concavo-convesso. Si tratta di un environment, una delle prime installazioni nella storia dell'arte italiana, quasi coeva, all'ambiente nero spaziale che Lucio Fontana presenta nel 1949 alla Galleria Naviglio di Milano. Secondo fatti riferiti dall'artista da Parigi l'opera ritorna piegata e danneggiata. Munari ne costruisce una nuova l'anno seguente.
La problematica di un'arte che diventa ambiente, in cui il fruitore è sollecitato non solo mentalmente, ma in modo totale, è ormai matura. Solo qualche anno più tardi Munari declinerà, durante il periodo di attività con il gruppo del M.A.C. (Movimento Arte Concreta), l'installazione con l'arte cinetica, instabile, smaterializzata attraverso le proiezioni luminose (proiezioni dirette 1950, proiezioni polarizzate 1953), chiedendo allo spettatore una partecipazione emotiva completa.
A partire dal 1930 con la macchina aerea e con le macchine inutili l'idea centrale che Munari intende sviluppare è quella di un'opera d'arte mobile, dove il volume nello spazio è in funzione del movimento stesso dell'opera e le cui ombre sono disegni mutevoli, moirè, texture virtuali, in lento movimento ad ogni spiffero d'aria.
Dopo l'Ora X (1945) uno dei primi oggetti seriali di arte cinetica nella storia dell'arte, Munari ritorna sull'argomento in modo nuovo, fornendo materiale di riflessione anche a tutti gli artisti cinetici che qualche anno dopo riprenderanno queste tematiche con ambienti o installazioni; si pensi alle opere di Gianni Colombo, che con franchezza ebbe a dichiarare siamo tutti figli di Munari, o a quelle con le quali Julio Le Parc vinse la Biennale di Venezia nel 1968.
In Munari è sempre presente la necessità di ottenere il massimo della funzionalità (in questo caso estetica) con il minimo di materiale, di struttura: una rete metallica a maglia fine, di quelle che si comperano in ferramenta, qualche punto di sutura nei punti in cui la maglia viene curvata su se stessa, un filo da pesca per appendere l'oggetto; il lavoro progettuale viene nascosto, la semplicità è sorprendente, il massimo con il minimo, per l'appunto.
Nello scritto che per la sua importanza qui viene riproposto, Getulio Alviani si sofferma sulle tanti componenti di questa opera d'arte:
- forma
- movimento
- utilizzo della luce
- leggerezza
- programmazione
- imprevedibilità
- semplicità.
Per tutte queste peculiarità concavo-convesso può essere letto come una una esemplificazione del paradigma munariano.
A queste caratteristiche ne vanno aggiunte altre che non sono meno importanti:
- economicità, l'opera si può realizzare con costi contenuti
- riproducibilità, la progettazione a partire da un modulo quadrato è facilmente serializzabile
- packaging, l'opera è facilmente trasportabile, basta un piccolo foglietto di istruzioni per i punti di ripiegamento
Queste caratteristiche sono i prerequisiti per la progettazione di un'opera d'arte rivolta ad un pubblico vasto ed indifferenziato al quale Munari cerca costantemente di indirizzarsi, producendo opere d'arte che oggi potremmo definire low-cost.
In questa pratica c'è il rifiuto di oggetti d'arte fatti intenzionalmente con materiali costosi per imporsi sul mercato dell'arte, non sulla base di nuove idee formali ed estetiche, ma come beni di lusso.
Infine occorre sottolineare la presenza di alcune motivazioni teoriche:
- la speculazione filosofica, la forma non ha un inizio ed una fine, cerca di rappresentare l'infinito attraverso una forma finita
- la topologia, la forma richiama le tematiche delle geometrie non euclidee
Nella mostra di Palazzo Reale del 1986 Munari dedica a concavo-convesso una intera sala: immerso nel buio, illuminato solo da alcuni faretti di luce rossa, concavo-convesso da il meglio di sé, trasportando il visitatore in un ambiente estetico ad architettura mobile.
Infatti non bisogna dimenticare che l'opera concavo-convesso non è pensabile o fruibile slegata dall'ambientazione che costringe lo spettatore a vivere un'esperenzia sensoriale, emotiva completa.
l’oggetto vibra di effetti ottici ma la sua ombra, riempiendo lo spazio circostante e creando effetti paralleli, diventa forse più importante e innesca nello spettatore una reazione emotiva che l’oggetto da solo non riesce a trasmettere [Miroslava Hajek, Mousse n. 12]
L'oggetto, la rete industriale, è solo un mezzo per creare dal nulla un ambiente in cui si attuano momenti di trasformazione di un'immagine. Dunque Concavo-convesso non è solo una forma appesa, piuttosto è un progetto di ambiente. Munari pensa ad uno spazio cubico bianco con le ombre dell'oggetto proiettate sulle quattro pareti. Ma accetta con piacere anche le interazioni con architetture preesistenti.
Il Merzbau creato negli anni dal 1920 al 1936 nell' appartamento di Kurt Schwitters è forse uno dei precedenti storici più illustri di installazione. In questo caso non si tratta solo di una esperienza visiva ma anche di esperienza ambientale, di cattedrale, caverna o castello, riempite da svariati oggetti o costruzioni secondo una struttura casuale, non ordinata.
L'ambiente di Munari invece è dinamico. Munari inizia con le macchine inutili (che possiamo considerare a tutti gli effetti quadri astratti evoluti nello spazio) e prosegue per l'appunto con concavo-convesso, in cui è evidente l'interazione con lo spazio prescelto e con il fruitore.
L'atelier di Kurt Schwitters fotografato nel 1932
Un altra realizzazione formalmente vicina all'opera di Munari è una costruzione di Laszlo Moholy-Nagy, un artista che ha sperimentato a lungo con materiali trasparenti o semitrasparenti come il plexiglas, la celluloide, la bakelite e altre materie plastiche.
In una fotografia del 1940 archiviata presso il DePaul Museum di Chicago è possibile osservare la scultura Convex-Concave.
Laszlo Moholy-Nagy
Convex-Concave 1940
gelatin silver print
Collection of DePaul Art Museum
In Munari l'installazione è pensata in modo da avere un giusto equilibrio tra la progettazione (di architettura, luce, morfologia del mobile) e le rifrazioni casuali delle ombre. Concavo-convesso è nello stesso momento programmazione e casualità.
l'arte si identificava come espressione di se stessi: per lo più rifare, su un piano o in volume, soggetti esistenti, o raccontare cose realistiche o false, politiche o meno, o quant'altro, ma sempre metafora e sempre con il proprio stile perseguito per anni, decenni: l'impronta digitale che, suo malgrado, ognuno ha differente dall'altro.
i pittori iniziavano in massa a imbrattare.
Bruno Munari prendeva una rete d'acciao flessibile a trama molto sottile, quadrata, di un metro per un metro, univa tra loro i due angoli contigui, un angolo lo fissava al centro del quadrato, l'altro lo lasciava libero.
con due azioni, impiegando due fili di sutura di acciaio di pochi centimetri, operando su tre punti estremi e su uno interno del quadrato: il minimo per il massimo, maggiore economia per il maggiore risultato, era il 1947, bruno munari aveva ideato il concavo convesso.
un'opera semplicissima ma dall'apparenza complessa, senza inizio né fine; che, se appesa in uno spazio con un invisibile filo, si muoveva su se stessa e formava immagini, come la sua ombra, sempre diverse, sorprendenti, di grande spettacolarità.
l'ho avuta sempre presente nella mia memoria quest'opera, per le tanti componenti che sollecitavano il cervello: la forma, la luce, il movimento, la leggerezza, la tecnologia, il fare umano, la programmazione, l'imprevedibilità, pur essendo così elementare.
negli ultimi tempi m'è venuto spesso di pensare a questa struttura che vive da sola ed è giusta così, come concretizzarsi di un'idea.
oggi ci sono delle strutture che possono assomigliarle, ma sono l'opposto, calcolate a posteriori, servono a sorreggere, a dare ossatura alle complicate costruzioni scenografiche di latta e stucco delle architetture fatiscenti, ma osannatissime, della contemporaneità, di tipi poco probabili come i vari frank gehry o peter eisenman che con il massimo fanno il troppo, ingombrante e statico.
il gioco dell'animo di bruno munari andava ben più lontano.
[Getulio Alviani, pubblicato su Su Munari, Edizioni Abitare]
Concavo-convesso assume delle forme plastiche che ci ricordano forme naturali, per esempio quelle delle conchiglie o delle nuvole, o forme topologiche della matematica (Concavo-convesso sembra una variante, esteticamente più raffinata, del famoso nastro di Moebius, utilizzato in ambito artistico da Max Bill).
Oggi gli involucri di Frank Gehry sembrano riprendere queste intuizioni ambientali ed architettoniche, che a distanza di 60 anni risultano ancora fresche ed attuali.
Diverse fotografie di Concavo-convesso furono pubblicate sulla rivista Domus nel numero 225 del Dicembre 1947.
Nel 1937 Munari realizza la grafica del libro di Marinetti Il poema del vestito di latte.
In copertina la forma ottenuta per deformazione di un tessuto di Lanital, che è un derivato dalla caseina, richiama in modo più che evidente i profili mutevoli della rete metallica del 1947.
Concavo-convesso
Plastico ottenuto curvando un quadrato di rete metallica fino a far toccare gli angoli in punti prestabiliti sulla superficie. Nei disegni esplicativi sono visibili le varie fasi dello sviluppo del plastico. I punti di fissaggio sono stabiliti sulla superficie del quadrato con proporzioni armoniche. Queste reti così curvate possono essere appese al soffitto in una stanza e decorare, con la loro ombra mobile e trasparente come un disegno tratteggiato, una parete dell'ambiente.
[Bruno Munari, pubblicato su Il quadrato, Scheiwiller]
schema costruttivo pubblicato su Il quadrato
Questi punti [i punti di fissaggio, ndr] possono essere determinati in vari modi, sia con le misure armoniche, sia liberamente, provando e seguendo le forme mentre nascono. Nel primo caso avremo un oggetto che avrà riferimenti con la matematica, nel secondo caso si avrà una forma libera.
[Bruno Munari, da Arte come mestiere, Laterza]
Munari alle prese con concavo-convesso durante delle riprese televisive.
[fotografia pubblicata su Munari 50, a cura di M. Meneguzzo, Corraini Ed.]
Munari nello studio, in alto concavo-convesso
[fotografia pubblicata su Munari '50, M. Meneguzzo, Corraini Ed.]
Utilizzando una fonte di luce puntiforme direzionata su concavo-convesso è possibile generare delle ombre che si muovono casualmente in base alla circolazione dell'aria nell'ambiente.
Nel caso di più fonti di luce è possibile ottenere degli effetti simili a quelli di onde concentriche che si intersecano nell'acqua.
E' importante a questo punto sottolineare come questa idea verrà riproposta in altre forme a Tokyo nel 1965 con la fontana a 5 gocce d'acqua in cui sono di scena ancora: casualità, onde e rifrazioni, suoni, ambiente.
installazione fontana a 5 gocce d'acqua presso il Castello di Klenova 1997
Al contrario delle vecchie decorazioni murali statiche si ottengono immagini dinamiche, cinetiche, che cambiano in continuazione, come nel caso di un film o di un video.
L'ombra si allunga sfumata sul muro.
Utilizzando la concatenazione di due Concavo-convesso si determina una crescita modulare nello spazio.
basta un leggero soffio d'aria per determinare un cambiamento della forma
Concavo-convesso del 1947 è un'opera unica, ed è stata utilizzata come prototipo per una realizzazione in 6 + 3 esemplari a doppia datazione 1947-1984 a cura della galleria UXA di Novara. Una ulteriore edizione UXA con retino rettangolare (2 moduli quadrati), sempre a doppia datazione 1947-1984 ed in 6 + 3 esemplari, riprende invece l'idea del modulo base in evoluzione nello spazio.
Munari appendeva nel proprio studio i retini accoppiati mostrando interesse per uno sviluppo nello spazio. Anche in questo caso l'idea di una modularità componibile ritornerà successivamente in Munari, ad esempio nelle strutture continue realizzate inizialmente nel 1959 e poi come multipli d'arte nel 1961 per Danese.
Queste strutture continue son formate ognuna da un certo numero di elementi uguali uniti ad incastro fra di loro. Han l'aspetto di sculture ma sono, in realtà, parti di una struttura che – teoricamente – può continuare all'infinito e, naturalmente, smontarsi e ricomporsi, in modi diversi senza perdere la caratteristica strutturale che la distingue: come in certe formazioni e aggregazioni naturali – si può pensare ai cristalli – riconoscibili dall'elemento unitario che li compone.
[Domus, n. 388, 1962]
Bruno Munari con l'opera Concavo-convesso fotografia pubblicata sulla rivista La Civiltà delle Macchine n.2 marzo 1953
negativo-positivo a forme curve, 1950
priv. coll.
Le linee curve, i pieni ed i vuoti di questo negativo-positivo ci rimandano alle forme mutevoli del concavo-convesso, svelandoci una continuità di pensiero e di ricerca.